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Il rivenditore di moda Vestiaire Collective sta abbandonando il fast fashion

Il sito dell'usato di lusso ha lanciato una sorprendente campagna per annunciare che metterà al bando i giganti del fast fashion Zara, Uniqlo e H&M. 

Vestiaire Collective è stato un convinto sostenitore del mercato della moda ecologica sin dalla sua nascita nel 2009.

All'epoca era uno dei primi rivenditori online a specializzarsi esclusivamente in marchi di lusso di seconda mano, e oggi rimane uno dei più grandi.

La settimana scorsa ha annunciato che avrebbe bandito i giganti del fast fashion Zara, H&M e Uniqlo dai suoi negozi online, una mossa significativa poiché tutti e tre i marchi dominano le strade principali.

La decisione mira a combattere le questioni ambientali ed etiche associate alla fast fashion e, insieme alla campagna correlata, ha raccolto elogi e critiche.

Naturalmente, un convinto sostenitore della sostenibilità come Vestiaire difficilmente avrebbe fatto un annuncio silenzioso. Invece, il marchio ha orchestrato una campagna con immagini AR di rifiuti di vestiti che cadono in varie grandi città.

I video sono sorprendenti statistica sui rifiuti della moda, incluso il titolo '92 milioni di rifiuti tessili vengono gettati ogni anno. Ce n'è abbastanza per riempire... la Torre Eiffel ogni giorno.'

Questo segna il secondo anno di un'azione triennale volta a bandire tutto il fast fashion dal sito di Vestiaire. Lo scorso novembre, la società ha annunciato la sua prima selezione di marchi nella lista nera tra cui Asos, Boohoo, Miss Selfridge, Missguided, Nasty Gal, Pretty Little Thing, Shein e altri.

L’aggiunta di Zara, H&M e Uniqlo avviene mentre gli sprechi di moda continuano ad aumentare, sollecitando un’azione drastica.

Per decidere quali rivenditori tagliare, Vestiaire ha lavorato con nove esperti del settore tra cui Orsola de Castro, co-fondatrice di Fashion Revolution, per costruire un nuovo quadro che definisca il fast fashion in base a cinque criteri.

Questi includono la riparabilità degli articoli, il numero di articoli lanciati da un marchio all’anno e la velocità di immissione sul mercato.

La campagna di Vestiaire precede il Black Friday, uno dei saldi più grandi e (sempre più controversi) nel calendario della moda. Durante questo periodo, i marchi consentiranno il crollo dei prezzi e incoraggeranno la spesa di massa. Ciò alla fine porta ad un aumento dei rifiuti e della spazzatura gettata in discarica.

 

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In un comunicato stampa, Vestiaire ha condiviso che il divieto dello scorso anno sui marchi di fast fashion ha visto "il 70% dei membri colpiti dal divieto [tornare] sulla piattaforma per acquistare articoli di migliore qualità".

Ma mentre la campagna ha ricevuto molto apprezzamento sui social media, alcune persone criticano l’azienda per aver escluso gli acquirenti più poveri dalla discussione.

Uno Utente ha sottolineato che definire low cost i marchi vietati deriva da un "certo privilegio", mentre un altro si è chiesto perché Vestiaire sembrasse chiudere un occhio sulle azioni dispendiose di marchi di lusso come Hermés e Louis Vuitton. Entrambi i marchi sono stati chiamati in causa ardente prodotti nel tentativo di mantenere l’esclusività.

C'è anche la questione della rivendita. Se Vestiaire nega agli acquirenti l’opportunità di acquistare marchi di seconda mano (probabilmente il modo più sostenibile di fare acquisti se questi sono gli unici marchi che possono permettersi), allora sta solo creando meno strade per acquisti consapevoli?

Vale sicuramente la pena pensarci. Ma alla fine, vietare i principali rivenditori di fast fashion invia un messaggio più grande e potente. Ed eliminare i marchi più non etici non farà altro che creare più spazio per marchi accessibili, etici e sostenibili a tutti i livelli.

E mentre i consumatori si preparano per le offerte del Black Friday, il divieto imposto ai giganti del fast fashion li costringe a riconsiderare le loro scelte.

La campagna funge da contro-narrativa agli acquisti d’impulso incoraggiati dai mega eventi di vendita, esortando i consumatori a fare scelte ponderate e sostenibili invece di soccombere alla pressione di sconti fugaci.

Il successo della campagna sui social media riflette una crescente consapevolezza e preoccupazione per l'impatto ambientale della moda.

E, in definitiva, la decisione di Vestiaire non è solo una mossa commerciale: è una dichiarazione potente che sfida le norme del settore. Speriamo che altri marchi abbiano il coraggio di seguirlo.

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