In un recente sondaggio internazionale condotto su oltre 1,400 dirigenti in diversi settori, due terzi si sono chiesti se gli sforzi di sostenibilità della propria azienda fossero autentici. Negli Stati Uniti, il 68% degli amministratori delegati e dei dirigenti della C-suite ha ammesso di fare il greenwashing.
Data la quantità di presunte spinte alla "sostenibilità" da parte di aziende piene di contraddizioni, non sorprende che anche i rapporti sulle prestazioni associati inviino messaggi contrastanti.
Un sondaggio anonimo condotto dal Harris Poll (per Google Cloud) ha chiesto a poco meno di 1,500 dirigenti di diversi settori gli sforzi del loro marchio per controllare la propria impronta di carbonio, la maggior parte dei quali ha più di 500 dipendenti sul libro paga.
L'80% di coloro che hanno partecipato ha valutato il proprio posto di lavoro con un punteggio "sopra la media" per la considerazione ambientale e il 93% ha mostrato la volontà di depositare i propri salari sul raggiungimento degli obiettivi ESG (ambientali, sociali e di governance). Sembra promettente, vero?
Come previsto, tuttavia, un ulteriore esame delle statistiche mostra che questo appetito è probabilmente abbellito. Il 65% dei dirigenti della C-suite ha rivelato di non avere ancora idea di come rendere le proprie pratiche aziendali più sostenibili, nonostante gli obiettivi climatici vitali si avvicinino rapidamente nel 2030.
Ora, nel vero e proprio girone offensivo. Il 58% ha ammesso spudoratamente che le proprie aziende erano colpevoli di greenwashing. Negli Stati Uniti, che rimangono il secondo produttore mondiale di anidride carbonica, questa cifra sale a un deludente 68%.